Giuseppe Roberti e il meglio sempre in arrivo

Giuseppe Roberti mi ha contattata su Linkedin poco più di un anno fa, dopo aver letto il blog e navigato sul mio sito. Ne è nato un percorso di sviluppo molto proficuo e posso dire di essere orgogliosa testimone di quanto stai per leggere, anzi, l’ho intervistato perché ho visto all’opera un leader dell’innovazione che ha affrontato, rimboccandosi le maniche, un percorso di cambiamento, che non era per niente scontato. Sono certa che le sue parole ti saranno di ispirazione
Chi sei? Qual è il tuo ruolo? Che tipo di responsabilità hai? Di cosa ti occupi?
Mi chiamo Giuseppe Roberti, sono ottimista di natura e vivo con la sensazione che il meglio debba ancora arrivare. Laureato in architettura al Politecnico di Milano, interessato a Industrial Design e Sviluppo Prodotto, sono responsabile del Design and Innovation Lab in Abm Italia S.p.A. Mi occupo prevalentemente di sviluppo prodotto e processi di innovazione.
Puoi descrivermi brevemente come sono strutturati il team/i team con cui sei coinvolto?
Il team del Design and Innovation Lab è composto da 4 persone. Sono designer polivalenti con competenze differenti. Sono in grado di sviluppare in autonomia un prodotto a partire dal design estetico, fino alla prototipazione rapida, alla realtà virtuale, alla messa in produzione.
Sviluppiamo i prodotti seguendo i principi del design thinking e dell’human-centered design. Invece di pensare a come l’utente dovrebbe cambiare per incontrare i bisogni del sistema, ci focalizziamo su come il sistema potrebbe essere ridisegnato per incontrare i bisogni dell’utente.
Con quante persone ti capita di collaborare? Quali mansioni hanno? Che relazione si crea fra voi?
Il numero di persone con cui mi confronto è notevole e di estrazione differente. Sono una figura trasversale e ho competenze di design, marketing, commerciale e tecniche. Come designer strategico tendenzialmente mi confronto con il marketing, il commerciale, l’ufficio tecnico, la produzione. Altro elemento importante sono le relazioni con l’esterno. Entriamo spesso in contatto con centri per l’innovazione, università, designer esterni, formatori. Guardo ai problemi con occhi nuovi e mi stimola a pensare “out of the box”.
Per tirare fuori il massimo da queste relazioni, l’empatia gioca un ruolo fondamentale. L’empatia ha a che vedere con il cervello, ma anche con il cuore: entri in contatto con il valore dell’esistenza dell’altro, ammetti e riconosci la presenza dell’altro come persona dotata di sensibilità, con una storia che posso anche non arrivare a conoscere, ma che in qualche modo, mi concerne, mi riguarda, mi interessa.
Quali pensi che siano i punti di forza che ti vengono riconosciuti?
Bisognerebbe, ad essere sincero, chiederlo alle persone che collaborano con me. Di sicuro la puntualità e la tenacia nel perseguire gli obiettivi. Mi riconosco la capacità di cambiare punto di vista senza rimanere arroccato sulle mie posizioni e di avere sempre entusiasmo, anche nei momenti difficili.
Qual è il progetto di “innovazione attraverso le persone” a cui hai lavorato di cui sei più orgoglioso/a o quello più sfidante da affrontare?
Il progetto più importante è senz’altro l’aver creato il Design and Innovation Lab. Vale più di qualsiasi progetto/prodotto a cui abbia mai lavorato, è un progetto che vive ed evolve in continuazione e coinvolge le persone prima di tutto. Ogni volta che penso a da dove siamo partiti, mi viene un mezzo sorriso, non per quello che abbiamo già fatto, ma per quello che faremo.
L’entusiasmo è, di sicuro, la chiave del successo di questo progetto, ma da solo non basta. Ci vuole curiosità, capacità di mettersi in discussione e una buona dose di intelligenza emotiva per far crescere il gruppo, comprendere e gestire le emozioni di tutti.
Che valore ha apportato al sistema (ad esempio clienti finali o stakeholder o collaboratori)?
Sicuramente è stata una piccola rivoluzione che ha riscosso l’interesse di altre aree dell’azienda. Scoprire che in un ufficio dedicato al Design si parla di Lean, Kanban, di design thinking, mette un po’ di curiosità a chi capita nelle nostre stanze.
Le persone cominciano a fare domande, a mostrare entusiasmo e ad agire per emulazione. In poche parole è il primo passo per un processo virtuoso di contaminazione.
Aver creato una vera e propria stanza delle idee con colori, prototipi, attrezzi da lavoro ha fatto sì che anche persone poco inclini al disegno, si sentissero libere di esprimersi in altre forme, usando altri strumenti, interagendo con le mani, incollando pezzi, tagliandone altri. Prototipare e ancora prototipare è il nostro sport preferito.
Questo nuovo modo di approcciare i progetti ha fatto breccia anche presso i nostri clienti finali. Si sentono più coinvolti e contenti di tornare ad essere un po’ bambini. Creare con le proprie mani e toccare fisicamente il risultato del proprio lavoro, affascina molto di più di un bellissimo Powerpoint, si entra prima in empatia e si trovano soluzioni innovative.
Che tipo di approccio hai usato? Hai seguito delle intuizioni?
L’intuizione che bisognava cambiare passo, che la mia figura di designer doveva evolvere, mi ha aiutato all’inizio. Poi, però, ho capito che l’intuizione poteva essere solo l’innesco e che per essere realmente innovativi, come team, serviva metodo. I nostri prodotti, oggi, nascono attraverso il percorso del design thinking. Lavoriamo ai nuovi progetti mettendo l’utente al centro, osservandone i comportamenti, cercando di capirne i bisogni. Prototipiamo, verifichiamo, correggiamo e torniamo a prototipare. Non esiste un numero esatto di reiterazioni; ne facciamo quante ne servono per arrivare al risultato ottimale.
Se dovessi immaginarlo come un percorso, di quali tappe e di quali persone è fatto?
È un percorso lineare con alcune tappe di verifica. Come tutti i percorsi ha dei punti critici che vanno affrontati con metodo per risolverli in modo opportuno. Le persone coinvolte sono diverse e durante il viaggio progettuale salgono e scendono dal treno in base alle loro competenze. Quello che le accomuna è la voglia di raggiungere il risultato, di essere parte del progetto fino alla fine.
Qual è stato il momento in cui hai capito che quell’approccio stava funzionando? Puoi descriverlo?
Il progetto è ancora in corso e non posso entrare nei dettagli. Posso solo dire che si è arrivati a trovare soluzioni, realmente innovative, quasi in maniera naturale. Nei progetti precedenti abbiamo sempre faticato ad arrivare in fondo. Ci siamo trovati a ripetere i passaggi molte volte, con la sensazione di non essere sulla strada giusta, di tralasciare qualcosa. Il nuovo approccio, sicuramente più lineare, ci ha consentito di mantenere il focus e non disperdere le energie durante la gestazione del progetto.
Cosa o chi ti ha aiutato?
Per prima cosa la curiosità di guardare altro e di rimettermi in discussione, nonostante i tanti anni di esperienza. Successivamente, l’essere entrato in contatto con persone realmente innovative. Tu (Silvia) sei stata una di quelle. Mi hai aiutato a mettere a punto il percorso di crescita di tutto il team, a correggere quello che non andava, a rafforzare quello che già andava bene. Il tuo tool Creography si è dimostrato utilissimo per la crescita del team e lo abbiamo adottato da subito.
[Qui che ve lo dico a fare che ho apprezzato il complimento? Stima che ricambio visto che non è da tutti mettersi in gioco come ha fatto lui]
Credo che la formazione sia una delle leve migliori per far crescere e motivare le persone. Una persona motivata può fare cose davvero inaspettate. Ne ho le prove quotidianamente.
Qual è la parte che hai trovato più complicata da gestire? E come l’hai risolta?
Gestire persone con delle competenze forti. Siamo tutti diversi e reagiamo in modo diverso allo stesso stimolo. Ho dovuto trovare la chiave di lettura di ogni rapporto, modificare il mio comportamento, incoraggiare la partecipazione. Sicuramente le cose sono migliorate quando ho preso coscienza che serviva un percorso formativo ad hoc per me stesso in primis, e per ognuno dei componenti del team. I frutti di questo investimento stanno arrivando.
Ti sei ispirato a qualcuno o a qualche processo organizzativo?
In realtà mi sono ispirato a tante cose. Diciamo che IDEO e il design thinking sono stati la fonte principale di ispirazione, ma poi ho osservato anche come organizzava il lavoro Toyota ed ho iniziato ad appassionarmi ai principi della Lean. Mi sono documentato sulle tecniche di storytelling e mi sono reso conto che dovevamo comunicare meglio le nostre idee se volevamo avere successo. Un’idea meravigliosa può tragicamente naufragare se comunicata male. Anche di questo, mio malgrado, ne ho le prove.
Avevi mai fatto una cosa del genere prima?
No, ma ne sentivo fortemente il desiderio di evolvere. Mi ha guidato la capacità di ascoltare gli altri, di pensare che c’è sempre qualcosa da imparare da chiunque e soprattutto l’attitudine a circondarmi di persone più brave di me.
Come ti ha migliorato questa esperienza?
Sono una persona nuova, siamo delle persone nuove. Abbiamo un approccio innovativo ai problemi. Adesso vediamo un problema come un’opportunità per migliorare, per trovare strade nuove. Un antico proverbio cinese dice: quando il vento del cambiamento soffia, alcuni costruiscono muri, altri mulini. Ecco, diciamo che siamo fortemente appassionati di mulini!
Per quanto mi riguarda, questa esperienza ha migliorato il mio rapporto con le persone. Adesso provo piacere quando riesco a far star bene i miei collaboratori. Avere una situazione di stress controllato aumenta notevolmente la produttività, la proattività e l’equilibrio del gruppo. Far crescere la consapevolezza dei collaboratori, celebrare i successi, analizzando gli insuccessi, porta a un clima di fiducia reciproca. I momenti difficili diventano, quindi, momento per fare gruppo e non per dividersi, momenti per costruire e non per distruggere, momenti per crescere e non per regredire.
Quali risultati ha portato?
Ad oggi credo che abbia migliorato la consapevolezza delle capacità e dei punti di forza di tutto il team. Il design Lab è diventato un punto di riferimento per l’azienda. Il numero di prodotti sviluppati è aumentato notevolmente, come pure la capacità di trovare soluzioni innovative.
L’hai condivisa con altri? Se sì, come?
Ho condiviso questa esperienza con chiunque in azienda, attraverso incontri, partecipazione ai progetti, divulgazione di risultati. Bisogna raccontare quello che si fa, solo così si possono contaminare gli altri, coinvolgerli e averli a bordo in ogni progetto.
Cos’è cambiato nelle tue competenze?
Ho scoperto che mi piace lavorare con le persone e occuparmi della loro formazione. Forse in futuro potrei occuparmi proprio di questo. Per ora mi concentro su quanto sto costruendo. In futuro tutto è possibile.
Chiudi gli occhi: come e cosa miglioreresti qui ed ora nel tuo lavoro?
Vorrei che l’entusiasmo e l’empatia che siamo in grado di generare nel nostro team si diffondesse in tutti gli altri reparti. Che ci fossero altri focolai d’innovazione in giro per l’azienda. L’innovazione passa anche attraverso le piccole cose. Un processo nuovo, che semplifica un lavoro e risolve i bisogni dell’utente finale è un momento di innovazione.
Se dovessi spiegare a un bambino cos’è la creatività cosa gli diresti?
Mi troverei a disagio a spiegarglielo. Ne saprebbe molto più di me, senza neanche aver aperto un libro.
Completa la frase: l’innovazione è…
La capacità di immaginare metodi radicalmente nuovi e differenti di fare le cose, rompendo i paradigmi fin qui accettati e cambiando le regole del gioco.
Grazie 🙂