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21/10/2017

Lucia Oldrati e l’impresa in azione

Ho conosciuto Lucia a un evento per imprenditori. L’ho ascoltata raccontare le esperienze imprenditoriali d’eccellenza in cui ha coinvolto i suoi studenti – lei è una professoressa – ed è stato emozionante, così le ho chiesto di raccontarmi un po’ della sua innovazione dietro l’angolo.

Chi sei? Qual è il tuo ruolo? Che tipo di responsabilità hai? Di cosa ti occupi? 

Sono docente di Informatica all’IIS Luzzatti di Mestre, Venezia.

Sono laureata in Economia Aziendale, sono un collaboratore del dirigente scolastico. Mi occupo di valutazione nelle istituzioni scolastiche.

Sono anche animatrice digitale: seguo il processo di digitalizzazione della mia scuola e sono orgogliosa coordinatrice del progetto “Impresa in azione”.

Puoi descrivermi brevemente come sono strutturati i team con cui sei coinvolta?

Sono la responsabile del team di autovalutazione: coordino il team di innovazione digitale, ma il gruppo di lavoro che mi affascina e coinvolge anche emotivamente è “Impresa in azione”. È un gruppo formato da un docente, un esperto esterno, alcuni maestri del lavoro, imprenditori e 20 studenti di diversi indirizzi di studio.

L’obiettivo di questo team è di passare dall’idea alla realizzazione di un’impresa. Per creare una vera startup a scuola, per fare impresa in una logica di gruppo, aiuto gli studenti a credere che si può fare, basta cercare questa opportunità e non solo aspettarla!

Con quante persone ti capita di collaborare? Quali mansioni hanno? Che relazione si crea fra voi?

Mi capita di collaborare con molte persone: dirigenti scolastici, docenti, collaboratori scolastici, collaboratori tecnici, genitori, studenti, imprenditori, professionisti e formatori. Collaboriamo per il raggiungere obiettivi comuni e per migliorare la formazione e la motivazione.

Quali pensi che siano i punti di forza che ti vengono riconosciuti?

Professionalità, gestione del team, creatività, curiosità e voglia di sperimentare cose nuove, ma soprattutto la positività con la quale affronto le situazioni è uno dei miei punti di forza.

Da molti anni i colleghi che lavorano con me confermano la loro presenza, questo vale anche per le persone  esterne alla scuola – imprenditori, maestri del lavoro, o altri – che collaborano alla realizzazione dei miei progetti. Non mi hanno mai abbandonata, anzi sono stati al mio fianco per affrontare le sfide che ogni nuovo progetto racchiude.

Qual è il progetto di “innovazione attraverso le persone” a cui hai lavorato di cui sei più orgogliosa o quello più sfidante da affrontare?

Il mio interesse è stato sempre rivolto alle aziende, alla creatività, agli imprenditori che hanno creduto nei loro “sogni”.

Nel 2006 ho visto una circolare di “Junior Achievement”, parlava di impresa a scuola. Non si trattava di simulare ma di creare, inventare, e gestire un’azienda con i rischi che chi inizia un’attività imprenditoriale può avere.

Le classi dovevano costituire delle mini-imprese a scopo formativo e curarne la gestione, dal concept di un’idea al suo lancio sul mercato.

Ho iniziato a documentarmi, mi sono formata a Milano, e ho iniziato a sperimentare con i miei studenti la creazione di un’impresa. Sapevamo che era molto difficile competere a livello nazionale e internazionale: da studenti dell’istituto professionale avevamo come competitors studenti dei licei o istituti europei privati. Non ci siamo scoraggiati anzi, questo ci ha fatto capire che dovevamo puntare all’eccellenza.

Ogni anno un progetto nuovo, una sfida. Abbiamo inventato prodotti molto innovativi, alcuni dei quali sono stati anche brevettati, come il caso della bicicletta con la molla che si ricarica in discesa o frenata e permette di salire un cavalcavia senza far fatica. Il kit può essere installato su qualsiasi bicicletta, anche vecchia. Siamo stati tutta la notte nell’officina della scuola con i maestri del lavoro, i tecnici per far in modo che il nostro prototipo potesse essere pronto per la competizione regionale del giorno seguente, che abbiamo vinto.

Fare l’imprenditore anche sei uno studente non è facile. Le gare e i premi vinti che ci hanno permesso di partecipare a competizioni europee in Norvegia e Danimarca ci hanno fatto crescere, ogni volta siamo rientrati  a scuola con un bagaglio di competenze che difficilmente si ottengono soltanto da una didattica tradizionale.

Che valore ha apportato al sistema: clienti finali, stakeholder, clienti interni per esempio

Per la mia organizzazione il raggiungimento degli obiettivi è stato sempre frutto di una serie di compromessi, alcuni dei quali riguardanti le disponibilità finanziarie. Un po’ di tempo fa, per esempio,  abbiamo sviluppato una campagna di crowdfunding per raccogliere l’importo necessario alla realizzazione di un prototipo.

Negli anni precedenti, è stato solo grazie agli stakeholders che siamo riusciti a realizzare gli obiettivi. I genitori per esempio si sentono molto coinvolti in questo progetto, ci credono, vedono l’entusiasmo dei loro figli, e mettono a disposizione le loro competenze per farci raggiungere l’obiettivo.

Le aziende che collaborano  al progetto – volontarie – regalano tempo e a volte denaro, “soffrono” con i ragazzi per arrivare in tempo alla realizzazione e presentazione dell’idea imprenditoriale. Con i colleghi, i collaboratori scolastici, i fornitori dei materiali, si crea una complicità di valore sociale enorme, perché il fine ultimo sono i ragazzi, le loro sfide, le motivazioni che accompagnano i loro sforzi.

Che tipo di approccio hai usato?

La metodologia di apprendimento usata, è quella del learning-by-doing, perché è un metodo in grado di appassionare e coinvolgere attivamente tutti i partecipanti che sviluppano un set di competenze tecniche e trasversali – tipiche dell’autoimprenditorialità – fondamentali per la loro carriera futura.

Hai seguito delle intuizioni?

Mi sono sempre molto documentata, ho partecipato a convegni, hackathon, grazie ad amici meravigliosi che aiutano le startup a crescere, ho conosciuto molte storie andate a buon fine, ma anche storie di insuccessi; del resto chi ha paura di fallire limita la sua attività perché non prova mai qualcosa di nuovo.

Porto esempi di personaggi diventati famosi dopo clamorosi fallimenti, però cerco sempre di tenere per me le intuizioni, voglio che la decisione finale sia dei ragazzi; posso condurli verso un’idea che ritengo possa avere spazio di mercato, ma non decido mai il finale.

Se dovessi immaginarlo come un percorso, di quali tappe e di quali persone è fatto?

Il team imprenditoriale si organizza come una vera realtà aziendale, con una struttura manageriale e ruoli operativi, documenti, prassi e regole, con il fine di sviluppare concretamente un’idea imprenditoriale (un prodotto, un servizio, un’applicazione digitale…) e lanciarla sul mercato.

Gli studenti raccolgono il capitale per avviare la mini-impresa, affrontano le fasi di prototipazione, produzione e vendita. Alla base di tutto ciò, c’è uno studio di fattibilità tecnica ed economica, una corretta analisi dello scenario di riferimento e della propria clientela, la ricerca di fornitori per l’acquisto di materie prime, la definizione di una strategia di prezzo, nonché dei canali distributivi.

Il team crea un marchio e gestisce professionalmente tutte le attività di comunicazione, dalla stampa delle brochure di prodotto, alla pubblicazione di un sito web, alla gestione dei profili social.

Studenti, aziende, docenti, e chiunque voglia collaborare portando la sua esperienza di vita è il benvenuto, ecco perché ci sono i maestri del lavoro, i professionisti, ma anche operai, artisti, creativi. La scuola entra nella vita delle persone per trovare soluzioni ai problemi quotidiani.

Qual è stato il momento in cui hai capito che quell’approccio stava funzionando? Puoi descriverlo?

La soddisfazione di quando una mia studentessa della classe quinta, introversa, con difficoltà nell’affrontare i colloqui orali, non se la sentiva di salire sul palco della Borsa di Milano per spiegare la sua idea imprenditoriale e, supportata dal team, è riuscita a superare questo momento e a far vincere la sua impresa.

Al ritorno a scuola ha affrontato l’esame di stato senza paure e si è inserita molto bene nell’attività professionale.

Un’altra conferma l’ho avuta da una studentessa che si è laureata in economia e mi ha scritto su Facebook: “Prof. senza Impresa in azione tutto questo non sarebbe stato possibile”.

Un’altra ancora, voleva lasciare la scuola, invece si è diplomata e adesso è imprenditrice: mi sono emozionata nel vedere la luce dei suoi occhi quando mi ha comunicato, che aveva una sua  attività, e che stava andando bene.

Cosa o chi ti ha aiutato?

C’è sempre stata sintonia e aiuto professionale con il team di Junior Achievement, mi hanno aiutata e supportata trasferendomi le competenze di base.

Devo ringraziare le aziende che hanno permesso ai loro dirigenti di venire a scuola e di collaborare con gli studenti a distanza.

Design & Consulting di Noale  che ha collaborato con gli studenti per la realizzazione dei prototipi, dei rendering, delle brochure.

I maestri del lavoro sempre presenti che hanno permesso di risolvere alcune difficoltà che inevitabilmente sorgono in progetti così altamente innovativi.  

Ma soprattutto devo ringraziare gli studenti per aver sempre alimentato la fiaccola della creatività. Oggi sono convinta, che l’avvio di una  startup,  possa cambiare la vita delle persone, soprattutto quella dei miei studenti.

Nelle imprese del futuro avranno un ruolo importante.

Qual è la parte che hai trovato più difficile da gestire? E come l’hai risolta?

I conflitti tra componenti del team sono stata la parte più complicata da affrontare. Li ho risolti leggendo testi sulla gestione dei gruppi, partecipando a seminari su questo tema, ma soprattutto mettendo in campo la mia esperienza e il mio modo di essere.

Posso dire di aver raggiunto una mia metodologia di cooperazione e organizzazione per il raggiungimento del massimo risultato, senza conflitti.

Ti sei ispirata a qualcuno o a qualche processo organizzativo?

Il talento ti fa vincere una partita, l’intelligenza e il lavoro di squadra ti fanno vincere un campionato”, diceva Michael Jordan. Ma per lavorare in gruppo sono necessarie delle regole.

Uno dei testi che rileggo volentieri è La strategia Oceano blu – Vincere senza competere.

Mi ha aiutata anche molto un caro amico, il Prof. Ferdinando Azzariti, presidente del Salone d’impresa.

 Avevi mai fatto una cosa del genere prima?

Avevo provato nel 2000, ma la scuola non era pronta, seguivo quindi chi iniziava a parlare di giovani e impresa, partecipavo a concorsi in giro per l’Italia con i miei studenti sui temi dell’impresa, con ottimi risultati, ma non ero strutturata.

Come ti ha migliorato questa esperienza?

Dalla mia esperienza posso affermare che, un docente, non ha bisogno soltanto dell’aggiornamento sui libri ma deve immergersi a pieno titolo nella realtà.

Essere nel presente e viaggiare con gli studenti su binari paralleli.

Quali risultati ha portato?

Al di là dei premi, dei passaggi televisivi e dei molteplici attestati raccolti partecipando ad eventi, competizioni e meeting, questo percorso mi ha permesso di vedere all’improvviso sprizzare il lato intuitivo, la caparbietà, l’intraprendenza comunicativa anche in studenti abitualmente introversi e che non emergono nel tran tran scolastico.

L’hai condivisa con altri? Se sì, come?

Ho sempre cercato di condividere questa esperienza durante la formazione di altri colleghi, o via web, perché credo nella diffusione delle buone pratiche.

Cos’è cambiato nelle tue competenze?

Ho imparato una nuova metodologia e strutturazione di raggiungimento degli obiettivi.

Quando chiedi a un ragazzo creativo, innovativo di spiegare quello che ha inventato a una persona adulta che non ha mai partecipato ai nostri incontri e lo vedi in difficoltà, allora pensi che la scuola sta sbagliando, abitua gli studenti a ripetere le frasi dei libri. Non è questo il tipo di scuola che aiuta i giovani a crescere. Io mi ritengo fortunata, perché ho da moltissimi anni cambiato il modo di fare scuola, e i risultati sono arrivati.

Chiudi gli occhi: come e cosa miglioreresti qui ed ora nel tuo lavoro?

Scuola – Impresa – Benessere sociale

Vorrei cambiare l’ambiente: il sogno è la Saunalahti school nella città di Espoo, Finlandia, è stata costruita partendo dal concetto che l’ambiente influisce sull’apprendimento e sulla felicità dei bambini a scuola.

Non dobbiamo dimenticarci che i ragazzi trascorrono molte ore della loro vita a scuola. Ho visitato una business school norvegese, gli studenti erano felici di stare a scuola, gli imprenditori collaboravano con i docenti, entravano in classe a far lezione. Lo sport veniva considerato importante per lo sviluppo dei ragazzi.

Quindi ambiente, alimentazione, cultura, innovazione e creatività.

Se dovessi spiegare ad un bambino cos’è la creatività cosa gli diresti?

Hai un problema? Conosci qualcuno che ha un problema? Prova a pensare ad una possibile soluzione.

Completa la frase: l’innovazione è…

Economia circolare.